Le necessità di coesione e la comunanza di interessi concorda con la comunanza di proprietà da parte dei vari nuclei di abitanti e naturalmente è motivo di cattivo sangue con i vicini. L'aumentata consapevolezza di libertà, porta anche Vione verso l'autonomia comunale che si rifà alla vicinia, l'antico organismo popolare perciò, sempre nel XIII sec., si separa da Vezza, formando comune a se.
Fino al se. XVII la due comunità organizzano, definiscono i territori e si contendono con violente diatribe i confini. La più famosa fu quella del 1338 quando Vione guelfa ebbe il castello messo a ferro e fuoco dai ghibellini di Vezza. Seguono contestazioni e risse violente quasi fino al 1600.
Vione consuma, nel 1400 e 1500, contrasti e beghe anche con Dalegno per i confini, per il pagamento di taglie e per i privilegi sulla strada di Gavero riguardante l'evacuazione dei beni posseduti dai proprietari di Vione nella Dalignana. L'acquisizione di diritti vari, dietro pagamento di canoni e livelli, durante la crisi dei grandi proprietari, vescovi e monasteri, e durante le beghe tra guelfi e ghibellini, favorisce la crescita della vicinia- comune rurale.
Nel 1414 Vione acquista il suo castello, benchè malconcio, dal signore di Vezza,Pasolino Pasolini e inizia a costruire il borgo, all'interno delle mura rimaste, poi, man mano, nel XV sec., si procura la "jus" di decimare sui suoi terreni e sugli animali dai Griffi di Braone, e dalla Repubblica Veneta le decime confiscate ai ribelli Federici; compra dai Federici di Ossana le decime che godevano sullo stesso territorio a ancora, nel 1793, acquista decime dal nobile Panzarini di Cedegolo. Paese assai povero nel Medioevo, accresce le proprie risorse economiche e con l'aumento della popolazione, diverse famiglie vennero ad abitare a Vione ed acquistano i diritti degli originari. Nel XVII - XVIII sec. testimonia un segno di benessere, soprattutto con lo sviluppo edilizio, pur dovendo sopportare ancora oneri di stampo feudale.
Le famiglie Tognali e Guarneri arricchiscono il paese con i loro fabbricati, espressione di una differenza sociale piuttosto marcata: case turrite che denotano elementi decorativi post - cinquecenteschi, soprattutto nei portali, nei vòlti delle stanze e nelle "stùe" di legno intagliato.
L'edificio rurale dei tre paesi è una costruzione povera con l'uso del legno per le pareti e le scandole per la copertura dei tetti, causa principale di molti incendi. Senza dilungarmi nella descrizione, voglio ricordarne almeno tre, avvenuti nel secolo scorso: il 13 agosto 1862, in meno di un'ora Canè è raso al suolo, con tre morti e molti feriti. Nell'agosto del 1861 brucia tutta la frazione di Stadolina di sopra con una vittima.La notte del 7 novembre 1877 le fiamme riducono Vione ad uno scheletro: 500 abitanti senza tetto, 109 case distrutte, pioggia e freddo accrescono il disagio. Ma le popolazioni non si scoraggiano: ricostruiscono i paesi anche con l'aiuto delle comunità confinanti. I documenti delle Vicinie dimostrano che la società è operosa e amministrativamente avanzata e gli "Statua comunitatis Vioni" del 1737 e del 1787, redatti su falsa riga di altri più antichi, dettano norme in materia di "diritti d'uso", prescrizioni per i pascoli, per il taglio del legname, per la raccolta dei frutti della terra, per l'urbanistica rurale, ma soprattutto le regole per lo svolgimento delle tre "Generali Vicinie", assemblee dei capifamiglia, per l'elezioni degli officiali, dei consoli e degli "homini" che devono controllare e sorvegliare i beni comunali.